Anche se ci pensiamo bene, non sembra che esista una parola italiana particolarmente adatta a tradurre l‘inglese outsourcing. La lingua inglese ha questa proprietà di rendere chiaro il concetto senza molta fatica. Out (fuori) + to source (attingere alla fonte) = outsourcing: molto più semplice e preciso delle parole italiane esternalizzare, subappaltare, terziarizzare, che si pronunciano con difficoltà e che sembra creino problemi, invece di risolverli.
Cos’è l’outsourcing?
L’outsourcing è la soluzione che l‘economia moderna ha trovato per ridurre i costi diretti, i rischi, le spese di investimento e dare una maggiore flessibilità alle imprese, attraverso l‘affidamento all’esterno di alcune attività.
La pratica, iniziata degli Stati Uniti nei primi anni sessanta, è oggi molto diffusa nelle aziende anche italiane, sia pubbliche che private.
L’argomento è complesso ed esula anche dalle nostre competenze ma volevamo trarre due conclusioni di carattere generale.
- Outsourcing non vuol dire necessariamente delocalizzazione (offshoring). In questi casi il beneficio del subappalto viene incrementato – ma anche inquinato – dallo sfruttamento della manodopera a basso costo, dalla legislazione più permissiva in materia di tutela ambientale e di sicurezza sul lavoro dei paesi in via di sviluppo.
- L’outsourcing è più efficace e meno “fastidioso” se applicato ad un processo B2B (Business to Business) e riguarda inoltre l‘esternalizzazione di processi intellettivi (knowledge process outsourcing KPO) invece che l‘esternalizzazione di processi pratici (BPO) rivolto a consumatori, a clienti individuali. Può sembrare di restringere il campo ma non se si pensa che in ogni caso il volume di transazioni di B2B è molto più elevato di quello di transazioni di B2C (Business to Costumer).
L‘outsourcing e l’architettura
E’ bello pensare all‘architetto come ad un artigiano, un pensatore, un lavoratore intellettuale ma il mondo delle costruzioni è vasto e complesso e l‘architetto è solo uno dei tanti attori.
Sono alcuni precisi fenomeni, a nostro giudizio, che allontanano l‘architetto dal mestiere del progettare:
- L‘architettura coinvolge il patrimonio storico, il territorio, il paesaggio e l‘ambiente; non può prescindere da discipline ad essa correlate come, a titolo di esempio, l‘urbanistica e l‘ingegneria. Tutti questi temi sono governati da una complessa normativa (particolarmente complessa in Italia), alla quale va dedicato molto tempo che a volte non ha niente a che fare con l‘architettura stessa. Vuol dire la produzione di tantissima documentazione, la cui compilazione è spesso noiosa e di scarso valore intrinseco.
- Il progetto, strumento per eccellenza del costruire, è sviluppato con il supporto informatico, in particolare con il CAD, e sempre più con il BIM. Come è successo in altri settori, questi strumenti hanno rivoluzionato il mondo delle costruzioni. Ma quello che, a nostro giudizio, ha ribaltato l‘azione del progettare (penso e poi visualizzo) è stata la possibilità di modificare con apparente poco sforzo e per un‘infinità di volte l‘oggetto della costruzione: la revisione è diventata la regola. Nel mondo pre-informatico, prima di visualizzare un progetto si dovevano fare tutte le verifiche necessarie: la revisione era vista come “correzione” ed era considerata una pratica eventuale, poiché lenta e comunque onerosa. Ora succede esattamente il contrario. Ricordate quelle targhette di revisione poste in basso a destra del disegno, esattamente sopra al cartiglio dei disegni esecutivi? Stanno scomparendo, semplicemente perché non riescono a tenere il passo delle stesse revisioni che dovrebbero elencare e descrivere. L‘altro colpevole del fenomeno delle “infinite revisioni” è la praticamente “infinita disponibilità” di molteplici soluzioni tecniche e materiali, che vanno cercati, verificati, paragonati ed infine scelti.
Questo è il mondo dell’outsourcer nel campo dell’architettura e delle costruzioni, il compilatore di noiosa documentazione richiesta da una normativa sempre più attenta, il revisore di progettazioni ormai avviate o concluse.
Collettivo4 Outsourcing deve essere considerato come lo specialista nelle attività “trascurate” dal committente – architetto, che può ritornare alla sua attività principale: progettare.
In Italia, il Ministero del Lavoro cerca periodicamente di stringere il cerchio attorno al tema delle false partite iva, il mare in cui gli studi di progettazione, costretti da una politica del lavoro difficilmente applicabile, sono sempre stati costretti a nuotare.
Nonostante lo slittamento dei controlli e l’introduzione della possibilità di esclusione per iscritti ad albi professionali, il Ministero intende scovare le false partite iva tramite alcuni elementi indicatori:
- durata del lavoro superiore a otto mesi nell‘arco di due anni consecutivi;
- corrispettivo superiore al 80% di quanto complessivamente percepito dal collaboratore in due anni consecutivi;
- postazione fissa di lavoro presso una sede del committente, non necessariamente esclusiva.
L’outsourcing in architettura può quindi essere considerato da un lato, come una pratica sempre esistita, alla quale stiamo semplicemente dando un nome e uno sviluppo nuovi, dall’altro come la soluzione ad un vecchio problema in attesa di risposte.